Come identificare la violenza nei luoghi di lavoro
Vi sono diverse forme di “violenza sul lavoro” che assumono una connotazione differente a seconda della tipologia di danno che viene recato alla vittima, anche se ognuna di queste forme è assolutamente indegna ed estremamente svalutante:
Molestia sul lavoro: comprende tutti quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni anche connesse al sesso e aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo;
Violenza sul lavoro: riguarda tutte le situazioni in cui il personale viene abusato, minacciato o aggredito in circostanze relative al lavoro con esplicite o implicite conseguenze su salute, sicurezza e benessere.
Discriminazione diretta: si verifica quando una lavoratrice o un lavoratore viene trattato/a meno favorevolmente di un altro che si trovi in situazione analoga, sulla base di aspetti quali la nazionalità, il genere, dell’etnia, della lingua, dell’età, della disabilità, dell’orientamento sessuale, politico, sindacale e religioso, della tipologia contrattuale nonché a modalità organizzative della prestazione lavorativa.
Discriminazione indiretta: si intende una situazione nella quale una disposizione, una prassi, un criterio, un atto, o comportamento apparentemente neutro ponga la lavoratrice o il lavoratore in una situazione di particolare svantaggio, in ragione della nazionalità, del genere, dell’etnia, della lingua, dell’età, della disabilità, dell’orientamento sessuale, politico, sindacale e religioso, della tipologia contrattuale, nonché a modalità organizzative della prestazione lavorativa.
Dove finisce il complimento e inizia la molestia?
Alcuni gesti possono non essere considerati univocamente e inequivocabilmente inaccettabili, in quanto la percezione e la sensibilità di ognuno di noi è diversa. Per questo motivo alcuni comportamenti a volte non vengono considerati inappropriati da tutti gli individui.
Al contrario, ciò che per qualcuno può essere preso come un complimento o una battuta, per altri può risultare offensivo: questo è un aspetto che si può verificare in particolare nei luoghi di lavoro in cui ci sono differenze culturali, sociali o di provenienza significative o con un alto turnover, che comporta la scarsa conoscenza a livello personale tra i colleghi.
Ogni persona però, anche nell’ambiente lavorativo, dovrebbe sentirsi libera di esprimere il proprio sentire, come un comportamento che le risulta offensivo ed aspettarsi che gli altri lavoratori rispettino le sue sensazioni.
Quando, invece, vi sono contatti fisici indesiderati e/o apprezzamenti, verbali o non verbali, non voluti ci si addentra nel tema delle “molestie”. Con questo termine ci si riferisce quindi a tutti quei comportamenti che violano la dignità della persona, creando sul luogo di lavoro un ambiente intimidatorio, ostile, degradante o umiliante.
Diviene fondamentale però tenere a mente che la molestia non è solo un atto fisico e/o verbale, ma può assumere forme più subdole e nascoste attraverso quelle che vengono definite “molestie psicologiche”, ovvero delle forme di violenza molto più difficili da comprovare e tante volte, anche da non risultare esplicite perfino agli occhi della vittima.
Si tratta di una molestia psicologica quando un collega o un gruppo di colleghi tengono in modo continuato un comportamento scorretto nei confronti di un altro lavoratore, di un gruppo di colleghi, di un superiore o di un sottoposto individuato come vittima che viene costantemente umiliato, offeso e/o minacciato.
Nei casi di violenza fisica, i fatti sono facili da accertare, mentre è più difficile prevedere come la potenziale vittima reagirà ad atti reiterati di molestia e/o violenza psicologica, peraltro più difficili da riconoscere anche da parte di eventuali testimoni.
La reazione delle persone agli atti di violenza, siano esse vittime o testimoni, può dipendere dalla loro personalità, dai loro vissuti individuali, dai meccanismi di reazione basati sull’esperienza, dalle caratteristiche fisiche dell’ambiente in cui si trovano e dalle norme e regole organizzative.
Nonostante ciò, subire qualsiasi forma di violenza sul luogo di lavoro rappresenta un concreto fattore di rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori. È un fenomeno che non può essere considerato come un problema individuale, pertanto dev’essere affrontato in maniera strutturale all’interno del sistema di prevenzione.
Cosa può fare il datore di lavoro?
- Attuare quanto previsto dal d.lgs. 81/2008 e s.m.i., con particolare riferimento alla valutazione di tutti i rischi, compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato;
- Formare e informare i lavoratori sui temi della legalità, trasparenza, correttezza, indipendenza, dignità e rispetto nei rapporti interpersonali;
- creare una cultura del lavoro basata sul rispetto reciproco;
- richiedere atteggiamenti e comportamenti rispettosi dei lavoratori, dando per primo il buon esempio;
- affrontare precocemente i conflitti tra lavoratori;
- deve debitamente tenere in considerazione elementi attinenti alla conciliazione tra la vita familiare e il lavoro, agli orari di lavoro, alle possibilità di carriera, a eventuali episodi di molestie e violenze, a fenomeni di discriminazione;
- In ogni caso, deve fornire al soggetto vittima di aggressioni, minacce o violenze la possibilità di ricorrere a un’attività di riflessione allo scopo di eliminare o alleviare le conseguenze emotive spesso generate da questo tipo di esperienza.
Ogni organizzazione dovrebbe prevedere l’adozione di un modello organizzativo che si avvalga di adeguati strumenti di rilevazione, di monitoraggio e di gestione degli eventi avversi. L’obiettivo dovrebbe essere quello di creare una cultura del lavoro in cui tutti si sentono accettati, ascoltati e rispettati.
Cosa fare in caso di violenza?
- Contattare il numero di emergenza 112 in caso:
- di aggressione fisica o minaccia di aggressione fisica;
- se si è vittima di violenza psicologica;
- se si sta fuggendo con i figli;
- se il maltrattante possiede armi.
- Contattare il numero antiviolenza e anti stalking 1522: è attivo 24 ore su 24 per tutti i giorni dell’anno ed è accessibile dall’intero territorio nazionale gratuitamente. Inoltre vi è l’App 1522 che consente alle donne di chattare con le operatrici.
- Recarsi o contattare i Centri antiviolenza
- http://www.comecitrovi.women.it/
- https://www.direcontrolaviolenza.it/
- Recarsi presso il Pronto Soccorso: oltre a fornire le cure necessarie i diversi professionisti aiutano la vittima ad intraprendere il percorso verso un percorso di uscita dalla violenza
- Contattare il Telefono Verde AIDS e IST 800 861061 se si è subita violenza sessuale. Si può accedere anche al sito uniticontrolaids.it
- Scaricare l’App YouPol realizzata dalla Polizia di Stato per segnalare episodi di spaccio e bullismo, ma che è stata estesa anche ai reati di violenza domestica
FONTE: INAIL: https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg-pubbl-ri-conoscere-per-prevenire-fenomeni-molestia.pdf